Pratico questa bellissima attività, sport, hobby o come preferite chiamarlo, da circa quarantacinque anni. Ricordo ancora, come se fosse proprio adesso, l’emozione che ho provato il primo giorno che mio padre mi ha accompagnato in un laghetto di pesca sportiva, situato nelle vicinanze della mia città natale.
Da quel giorno, non ho mai più smesso di dedicare delle piacevoli ore, con la canna in mano e la lenza nell’acqua per insidiare le mie amiche trote.
Da quel mitico giorno sono cambiate molte cose, ho pescato in moltissimi laghetti, ho partecipato a gare di livello amatoriale, usato e sperimentato varie tecniche di pesca, ho catturato tantissime trote, ma ciò che è rimasto sempre e costantemente invariata è l’emozione che provo ogni qual volta decido di recarmi a pescare.
Si, perché credo che ogni pescatore non provi emozioni particolari solo nell’azione, ossia solo quando vede il galleggiante affondare o solo esclusivamente quando avverte la toccata della preda o cattura un grosso esemplare ma l’emozione nasce dal momento in cui si decide il giorno in cui andare a pescare, l’attesa di quel giorno, preparare le varie lenze in relazione alle tecniche che si adotteranno, controllare le condizioni meteo, scegliere le giuste esche, chiedere a qualche amico pescatore notizie ed informazioni circa il laghetto in cui si è deciso di andare ad immergere la lenza.
Ecco quindi che posso affermare con estrema sincerità che ciò che rende unica e speciale la pesca, è proprio l’emozione che questa riesce a produrre in coloro che la praticano.
Una forte emozione l’ho provata due anni fa, quando sono riuscito a coinvolgere il mio amico Maurizio, ho per meglio dire, quando sono riuscito a trasmettere lui questa mia passione.
È mio desiderio, a mezzo di quanto scriverò, condividere con Voi questa mia emozione, raccontandovi aneddoti e curiosità circa il mio amico Maurizio-pescatore.
Per prima cosa, voglio dirvi che ho dato a Maurizio lo pseudonimo di: “Barone del lago”, questo perché, detto “Barone”, è di natura comportamentale alquanto pigra e, chiaramente, poiché la pesca genera di per se relax, la natura pigra viene maggiormente in lui esaltata.
Infatti, non appena arrivati nella piazzola di pesca, il Barone con una mano prende la canna e con l’altra una sedia.
Effettuato il primo lancio, si appresta subito a depositare le sue nobili natiche sulla sedia e, con gli occhi fissi al galleggiante, attende che questo affondi. (Ops, scusate, ho dimenticato di dirvi che, chiaramente, io ho armato la canna con la lenza e innescato l’esca!).
Alla prima affondata, il Barone mi chiama per avere assistenza durante la fase del recupero, poi una volta che la trota è ormai fuori dall’acqua, mi invita gentilmente a slamare la preda e ad effettuare un nuovo innesco con le esche perché non vuol perdere tempo, sia per effettuare un nuovo lancio…sia per sedersi nuovamente.
Ora, cari amici lettori, moltiplicate le sopra citate operazioni per il numero di trote che generalmente peschiamo in un laghetto di pesca sportiva e, vi rendere conto da soli che, se dalla mia fronte si generano goccioline di sudore, anche in piena stagione invernale, ciò risulterà essere del tutto naturale.
Giunti con la lettura fino a questo punto, Vi starete chiedendo dove si cela l’emozione da me elargita nelle prime righe di codesto articolo circa l’emozione stessa che il sottoscritto attribuisce alla pesca. Ok, vi aiuto.
La pesca, in questo caso specifico, benché ironizzato nella giusta dose, è anche un valido e ottimo mezzo per vivere e rendere uniche e speciali talune amicizie, perché risulta essere un mezzo di condivisione, un motivo per trascorrere ore in compagnia di amici o famigliari, un antistress naturale (Barone del lago escluso…ahahahahaha).
Se vi interessa, ho scritto tanti articoli sulla pesca alla trota, leggeteli su questo sito: https://www.pescalatrota.it.